Nell’estate del 1996 un evento tragico coinvolge l’Italia. Una contaminazione alimentare originata da una fonte mai considerata a rischio e consumata normalmente da milioni di persone da sempre.
Nella prima puntata della seconda stagione del podcast abbiamo parlato di un evento che ha sconvolto l’Italia a metà degli anni 90 e che ha contribuito a cambiare la percezione che abbiamo di alcuni alimenti.
Nonostante siano passati tanti anni è un avvenimento che ancora … colpisce molto. La nostra storia inizia a Napoli il 12 di agosto 1996, quando una signora va nel negozio del marito, una salumeria, e si fa consegnare gli ingredienti per preparare un tiramisù, che vuole poi offrire ad un’amica della figlia, che abita nel suo stesso palazzo. Una volta a casa, la signora si mette subito al lavoro. Verso sera, il dolce è pronto. La donna ne dà una fetta al marito, una alla figlia, una all’amica, una al figlio e una la prende per sé. Il giorno dopo, l’amica, vicina di casa, comincia ad accusare un malessere agli occhi e alla gola. Si pensa ad una banale infezione, e non ci si preoccupa più di tanto. Nessun problema, invece, per tutti gli altri.
Tre giorni dopo, le condizioni della piccola però si aggravano e i genitori decidono di portarla all’ospedale. Qui, dopo aver visitato la bambina, i medici rassicurano i genitori: «Si tratta di un normale influenza” e consigliano di somministrare alla piccola dello sciroppo un antinfiammatorio. Padre, madre e figlia tornano a casa. Durante la notte però, la bimba accusa forti dolori ai muscoli facciali, respira con fatica e vomita. Nuova corsa in ospedale. Tre giorni di cura, però, non danno alcun beneficio. I sanitari cominciano a sospettare un’infezione di origine virale, e dispongono il ricovero in un reparto specializzato. Intanto però, il 17 di agosto, anche il figlio della signora che aveva preparato il tiramisù, si sente male, accusando fastidi agli occhi e giramenti di testa, al punto da essere ricoverato. Arriviamo al 21 agosto. I Medici dell’ospedale diagnosticano alla piccola una «polinevrite virale». Ma lo stesso giorno, all’ospedale dove è ricoverato il ragazzo, i medici riscontrano spore con il bacillo del botulino nelle feci. Il padre, salumiere, apprende del ricovero della piccola amica della figlia solo in quel momento. Quindi parla con i genitori e capisce che i due ragazzi manifestano gli stessi sintomi. Secondo lui, entrambi i ragazzi hanno mangiato lo stesso tiramisù preparato dalla moglie, parla con i medici e li informa che la bambina ha gli stessi sintomi del figlio. Ma quando i medici sentono che poteva essere colpa d un tiramisù, gli rispondono che il botulismo si prende dalle conserve preparate in casa.
Qualche giorno dopo nella città di Vibo Valentia due fratelli (di 15 e 18 anni) consumano un pranzo a base di tonno, salumi e…. tiramisù, che avevano preparato la mattina stessa. Circa 12 ore dopo aver consumato il pranzo, i due fratelli iniziano ad accusare nausea, vomito e visione doppia e, su consiglio del medico di famiglia, vengono ricoverati in ospedale. Un parente dei due fratelli, anch’egli presente al pranzo e che aveva mangiato tutto tranne il tiramisù, non ha alcun sintomo. Al momento del ricovero il ragazzo più giovane presenta anche insufficienza respiratoria ed è in stato comatoso.
Non ci sono dubbi sulle colpe del tiramisù? forse.
Ma andiamo avanti. Il 30 agosto 1996 in un paese della provincia di Caserta, un ragazzo di 15 anni invita a casa sua degli amici ai quali vuole offrire un «tiramisù», preparato da lui. Il ragazzo ha la passione per la cucina e in compagnia del fratello e di un amico, si reca nella salumeria sotto casa per comprare gli ingredienti per il dolce: caffè, zucchero, savoiardi e mascarpone. I tre tornano nell’appartamento ed aprono le confezioni ma si accorgono immediatamente che il mascarpone ha un colore strano, e che l’odore non è proprio dei migliori. … Quindi i ragazzi riportano al negoziante il prodotto, che cambiano con un altro su cui c’è scritto: «scadenza 3 ottobre 1996». I tre ragazzi mangiano il dolce qualche ora dopo. Durante la notte, però, cominciano ad accusare disturbi ai muscoli facciali. Il padre cerca di tranquillizzarli pensando sia colpa di un po‘ di freddo. La mattina, però, i disturbi persistono, anzi sono aumentati con difficoltà nel movimento della testa e visione doppia. L’uomo accompagna i due figli all’ospedale. Qualche ora più tardi, viene ricoverato anche il terzo amico con gli stessi sintomi dei due fratelli. Nella stessa giornata arriva la notizia drammatica per tutti si arriva alla stessa diagnosi: intossicazione da botulino.
Il botulino, o Clostridium botulinum, è un batterio ubiquitario presente nel suolo, nelle acque e nella vegetazione. Tuttavia, le condizioni per la sua crescita e la produzione della tossina sono particolari. Il batterio cresce in assenza di ossigeno, richiede un ambiente con una buona disponibilità di acqua e un pH non troppo acido. Se queste condizioni sono presenti, le spore germinano, il batterio si riproduce e produce la tossina che causa il botulismo, una malattia rara ma molto pericolosa e spesso mortale.
La tossina, chiamata Botox, è una delle sostanze più tossiche conosciute, capace di uccidere 14.000 persone con un solo grammo. La tossina agisce bloccando il rilascio dei neurotrasmettitori nei muscoli, causando una paralisi flaccida, a differenza della tossina del tetano (prodotta dal Clostridium tetani, della stessa famiglia) che causa una paralisi spastica con contrazione dei muscoli.
Il Botox è la stessa sostanza utilizzata per alcuni trattamenti estetici che sfruttano la sua capacità di paralisi muscolare.
Quindi tutti questi ragazzi in qualche modo entrano in contatto con la tossina botulinica attraverso un ingrediente presente nel tiramisù? Si.
Torniamo a quell’estate, tra l’agosto e il settembre del 1996 otto persone in Campania e Calabria vengono colpite da botulismo, e purtroppo un ragazzo di 15 anni muore. Tutti avevano consumato del tiramisù preparato in casa….. con il mascarpone della stessa azienda.
E qui ci dobbiamo fermare un attimo. Perché fino ad allora, i latticini freschi, compreso il mascarpone, non era assolutamente preso in considerazione come possibile target di crescita del botulino. Tant’è che qualche ritardo in tutta la vicenda è dovuto proprio a questa situazione storicamente inattesa, mai capitata prima. In ogni caso le evidenze sono incontrovertibili, le analisi di alcune confezioni ancora invendute di quel mascarpone in vari negozi confermarono la presenza del batterio. La vicenda viene segnalata al ministero della Sanità, che dispone il ritiro dal commercio di tutte le confezioni di mascarpone con scadenza 3 ottobre 1996. I carabinieri cominciano a sequestrare su tutto il territorio nazionale il prodotto commercializzato con i marchi coinvolti e provenienti da uno stabilimento di lavorazione di Reggio Emilia.
Quindi tutti i tiramisù sono stati preparati con mascarpone che conteneva spore? oppure conteneva già il botulino germinato e che poi ha prodotto la tossina una volta arrivato nel dolce finito? oppure c’era già la tossina nel mascarpone? proviamo a capirlo.
Sappiamo che alle 17 del 5 settembre 1996, l’Istituto superiore di sanità dava notizia al Ministero della Salute della presenza di tossina botulinica nel siero di due pazienti ricoverati a Napoli ed in un campione di alimento identificato quale mascarpone, con scadenza 3 ottobre 1996. Nella stessa serata del 5 settembre, con comunicazione urgente, il Ministero dispone l’immediato sequestro cautelativo del mascarpone con quella scadenza in tutto il territorio nazionale. Il giorno seguente, 6 settembre 1996, viene disposto analogo sequestro cautelare anche del mascarpone commercializzato con i marchi diversi ma riconducibili allo stesso stabilimento di Reggio Emilia. Prodotti potenzialmente considerati «a rischio» perché provenienti dalla stessa linea di produzione dello stabilimento e dalla stessa materia prima. Dopo i sopralluoghi le indagini preliminari delle autorità sanitarie fanno ritenere che le cause dell’accaduto siano dovute ad una combinazione di errori sia nel momento della produzione sia in quello della distribuzione. Per quanto riguarda il momento della produzione, però si riscontra che nel prodotto prelevato presso lo stabilimento sono presenti soltanto spore. Le tossine sono state invece riscontrate nei prodotti consumati dai pazienti intossicati ed anche nelle confezioni integre prelevate negli stessi negozi dove era stato acquistato il prodotto consumato. Dagli organi di stampa, che danno notizia delle indagini della magistratura, si apprende che nel momento della produzione, una interruzione di energia elettrica non avrebbe consentito il confezionamento del lotto incriminato secondo le norme dovute. Tuttavia, se il prodotto fosse stato distribuito e conservato secondo le regole, cioè mantenuto sotto catena del freddo a 4°C di temperatura, le spore non sarebbero germinate e il batterio non avrebbe potuto produrre le tossine (le spore da sole non sono nocive, lo diventa il batterio quando produce le tossine).
Per la prima volta ci troviamo di fronte ad un caso di botulismo causato da un prodotto derivato dal latte e per di più, da un prodotto industriale distribuito a livello nazionale e perciò considerato sicuro.
Purtroppo l’8 settembre 1996, si apprende dell’avvenuto decesso per botulismo di uno dei ragazzi di Caserta.
La tossina è killer e lo dimostra. Un grammo di botox può uccidere fino a 14.000 persone.
L’indagine prosegue. La tossina botulinica e le spore di botulino vengono trovate nei due campioni di mascarpone prelevati dagli stessi negozi di alimentari dove il mascarpone era stato acquistato per la preparazione del tiramisù. Spore sono state trovate anche in cinque dei 34 campioni prelevati presso un punto vendita di Napoli, presso il magazzino del distributore per le due regioni, e presso il magazzino del produttore. Tossina botulinica e spore di C. botulinum sono state rinvenute anche in tre confezioni del prodotto prelevate dal punto vendita di Vibo Valentia.
Prima di questo episodio, nessun caso simile era mai stato associato ai latticini. Mediaticamente l’impatto porta la popolazione ad avere un certo timore nell’utilizzare il mascarpone e il settore di conseguenza registra un crollo delle vendite. I risultati delle analisi ambientali presso l’impianto di produzione non hanno evidenziato la presenza di spore di botulino nella linea di produzione, nell’area dei rifiuti adiacente allo stabilimento o nei contenitori di plastica utilizzati per l’imballaggio. Il ciclo produttivo ha previsto la produzione di 24.000 confezioni da 250 g di mascarpone e 12.000 confezioni da 500 g. I contenuti finali del prodotto erano i seguenti: 50% di contenuto di grassi, 4,5% di proteine e 42-22% di acqua, con un pH finale di 6,1-6,2. Il lotto di mascarpone (aw compreso tra 0,945 e 0,988) interessato dall’epidemia (in totale 7000 kg delle confezioni da 250 e 500 g) è stato prodotto nella penultima settimana di luglio e distribuito in 11 delle 21 regioni italiane.
L’ubiquità delle spore botuliniche comporta la potenziale contaminazione di molti tipi di alimenti. Oggi sappiamo che anche il latte può fungere da veicolo per la spora ed è stato stimato che il livello di contaminazione può essere di 1 spora/l. Studi che hanno inoculato sperimentalmente campioni di mascarpone hanno dimostrato che la produzione di tossina è favorita da un forte abuso della temperatura di conservazione. Anche se la sola refrigerazione può essere sufficiente per controllare il C. botulinum nel mascarpone, diversi studi sulla temperatura di conservazione dei prodotti alimentari al dettaglio hanno dimostrato che avere una temperatura di conservazione superiore a 10 °C non è insolito.
D’altra parte, la refrigerazione inadeguata ha ancora un’incidenza elevata (19,3%) come fattore causale di infezioni e intossicazioni di origine alimentare in Europa. Per questo motivo è necessario che la produzione del mascarpone preveda trattamenti termici in grado di inattivare le spore o trattamenti in grado di rimuovere le spore dagli ingredienti di base e/o fattori combinati in grado di inibire la germinazione.
Purtroppo la nostra storia è finita con una tragedia perché è morto un ragazzo ed è stata una situazione che nessuno poteva prevedere prima, in buona parte perché semplicemente non era mai capitato che su un prodotto come il mascarpone potesse crescere il botulino, e crescere fino ad arrivare a produrre le tossine. Sappiamo da sempre che i prodotti più a rischio sono le conserve fatte in casa, le marmellate e confetture preparate in casa, i salumi fatti in casa, prodotti sui quali si cerca sempre di avere la massima attenzione Ma che la contaminazione da botulino capitasse in un prodotto industriale sul quale non era mai stata vista prima, ci fa capire come tante cose sono ancora da imparare e la sicurezza degli alimenti non è mai da sottovalutare.
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SITOGRAFIA
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/05/03/il-botulino/
https://link.springer.com/article/10.1023/A:1011002401014
https://archivio.unita.news/assets/main/1996/09/12/page_031.pdf
http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stencomm/12/audiz2//1996/0918/s010.htm