Dagli archivi emerge una vera e propria storia criminale di metà anni 80, questa volta collegata a delle bevande.
Nella penultima puntata di stagione del nostro podcast abbiamo raccontato una vicenda accaduta in Giappone e risalente agli anni 80. Si tratta di un caso abbastanza sconosciuto ma che ci ha insegnato qualcosa di importante. Per iniziare dobbiamo andare in Giappone e tornare al 30 aprile 1985, quando un camionista di 45 anni di Hiroshima, acquistò una bevanda da un distributore automatico. Mentre prendeva la sua bibita, notò una bottiglia di Oronamin C appoggiata sopra la macchina. All’epoca, l’Oronamin C, una bevanda all’arancia arricchita di vitamina C, veniva particolarmente promossa al pubblico (soprattutto nelle persone di mezz’età) e non era infrequente che ai distributori automatici (che in Giappone sono estremamente diffusi) venissero lasciate bevande in cima ai distributori automatici per la prossima anima a corto di soldi. Perciò il nostro camionista prese tranquillamente la bottiglia. Purtroppo, mentre beveva cominciò a non sentirsi bene e il nostro caro camionista alla fine, dopo 2 giorni di agonia, 2 maggio 1985, morì. L’analisi del suo vomito mostrò tracce di Paraquat, un diserbante.
Quindi fu avvelenato!? all’inizio gli investigatori non ne erano certi perché sapevano che il Paraquat veniva utilizzato spesso anche da chi voleva suicidarsi… un diserbante letale non solo per l’erba. Tanto per farvi capire e darvi una migliore comprensione degli effetti che ha: l’esposizione al paraquat provoca eritema, seguito da vesciche ed emorragie causate ustioni chimiche che interessano i vasi sanguigni. Se ingerito, il paraquat è decisamente letale. La morte è rapida, certa e straziante, poiché il veleno provoca una rapida infiammazione del tessuto che circonda i principali vasi sanguigni e le vie respiratorie e LETTERALMENTE brucia la gola della vittima.
Torniamo a quel 1985. Per qualche mese non accadde nulla poi…. L’11 settembre un uomo di 52 anni ha acquistato una bottiglia di Oronamin C e ne ha trovata un’altra uguale all’interno della botola di erogazione della macchina. Ha consumato entrambe le bottiglie, morendo 3 giorni dopo. Tracce di Paraquat sono state trovate nei resti delle bevande. Il 19 settembre un uomo di 30 anni ha consumato una lattina di cola trovata sotto il distributore automatico, morendo in ospedale 3 giorni dopo. L’analisi del contenuto dello stomaco e dei resti della cola mostrano tracce di Paraquat. Il 20 settembre un uomo di 45 anni intende acquistare un drink ma trova invece 2 bottiglie nella botola di erogazione. Consuma entrambi a casa e muore 2 giorni dopo. Anche in questo caso tracce di Paraquat trovate nei resti delle bevande. È una vera e propria raffica il 23 settembre un uomo di 50 anni trova 2 bottiglie di Oronamin C in un distributore automatico. Consuma entrambi e muore due giorni dopo. Anche in questo caso si trovano tracce di Paraquat.
Gli avvelenamenti proseguono fino al 17 novembre uccidendo 12 persone. Siamo davanti ad una sequenza di 12 omicidi (di cui 10 tra settembre e ottobre) apparentemente progettati per colpire totalmente a caso e distribuiti in una vasta area del Giappone. Già dai primi casi di settembre la polizia indaga per risalire ad un colpevole o comunque per trovare una pista di indagini che possa dare qualche tipo di risposta. E qui la nostra storia si divide in due perché da una parte era necessario sforzarsi per poter ridurre la possibilità di ulteriori morti quindi si lavorò sulla popolazione per “educarla”, per così dire, nel non prelevare bevande che trovavano disponibili ai distributori e contemporaneamente si chiese ai produttori di bevande di migliorare la chiusura. Introdurre misure antimanomissione. Oggi queste misure di sicurezza sulle bottiglie ci sono, magari non ce ne accorgiamo ma sono presenti sistemi di chiusura antisabotaggio. Purtroppo all’epoca la risposta delle aziende coinvolte non fu proprio come poteva attendersi e mentre l’Otsuka Pharmaceutical (produttore di Oronamin C), ridisegnò il design del flacone passando da un tappo a vite a una linguetta, nel tentativo di evitare manomissioni, altre aziende non aggiornarono le chiusure, perché, a loro dire, se gli utenti avessero fatto attenzione avrebbero visto che la bottiglia era già stata aperta e perciò non fecero nulla. Diciamo, bene ma non benissimo. In ogni caso la misura che si dimostrò più valida nel contrastare la sequenza di omicidi fu la posizione di un cartello sulle macchine di distribuzione automatica. Nel cartello venivano riportate avvertenze su eventuali alimenti o bevande trovate nel vano distributore senza che venissero richieste.
Un cartello del tipo “hei tu non prendere la roba gratis! Ti può uccidere!” 1,3 milioni di queste etichette di avvertenza sono state attaccate ai distributori automatici.
L’altro filone di questa storia coinvolge invece le indagini per cercare di capire chi poteva essere l’assassino, o gli assassini, non era escluso, infatti, che potesse essere un gruppo di persone e non una singola persona. Questo perché gli omicidi capitavano anche in giorni ravvicinati ma a centinaia di chilometri di distanza. Una teoria postulata dagli psicologi sarebbe che questi omicidi siano opera di uno o più yukaihan. Gli yukaihan sarebbero criminali alla ricerca del brivido che “godono cinicamente della superiorità immaginando le vittime che gemono e non provano alcun rimorso”. La teoria secondo cui questi omicidi potrebbero essere stati compiuti da uno o più individui che provano un piacere sadico nell’immaginare la sofferenza delle loro vittime sembra certamente più che plausibile, dato che l’avvelenamento da paraquat è decisamente straziante e molto probabilmente susciterebbe una reazione piuttosto forte. Il filone di indagini più interessante fu però quello che collegò questi eventi con gli eventi del “mostro dalle 21 facce”
Le vicende che riguardano il mostro dalle 21 facce meriterebbero quasi una puntata dedicata e sono paragonabili alla trama di un film. Il 10 maggio del 1984, l’amministratore delegato di Glico, un’azienda produttrice di dolci e caramelle, ricevette una lettera minacciosa firmata da “Il mostro con 21 facce”, in cui si diceva che pacchetti di caramelle Glico erano stati intrisi di cianuro di potassio. le autorità decisero di ritirare tutte le caramelle Glico dai negozi alimentari in tutto il Giappone. La rimozione del prodotto è stata disastrosa e ha comportato una perdita di profitto e di immagine di oltre $ 20 milioni di dollari che ha portato al licenziato più di 400 lavoratori.
Le autorità presero molto sul serio quella lettera perché precedentemente ci furono due episodi importanti che coinvolsero Glico. Il 18 Marzo (quindi un paio di mesi prima) due uomini mascherati tentarono di rapire l’amministratore delegato dell’azienda, il rapimento non andò a buon fine ma era stata inviata una richiesta di riscatto per oltre un miliardo di yen (circa quattro milioni di dollari). Poco dopo un altro episodio coinvolse Glico: un paio di persone diedero fuoco a molti dei mezzi parcheggiati presso la sede dell’azienda. Questi eventi convinsero le autorità che la lettera di minaccia firmata dal nostro dalle 21 facce fosse reale. In ogni caso furono realmente trovate delle caramelle avvelenate ma con un particolare molto interessante nella confezione era presente un cartello con scritto “attenzione caramelle avvelenate”. La polizia non ha nessun indizio per cercare di rintracciare il colpevole nonostante una telecamera di sorveglianza abbia inquadrato per pochi secondi la sagoma di una figura che appoggia una scatola di caramelle su uno scaffale. In quell’estate del 1984 i messaggi del mostro dalle 21 facce proseguono prendendosi gioco anche dei poliziotti e dopo aver fatto fallire l’azienda delle caramelle la sua attenzione si riversa su altre aziende. Tutto il Giappone era terrorizzato. Le vendite di caramelle e dolciumi crollarono. Ad un certo punto però, in un messaggio, il mostro dichiara che smetterà ogni ostilità se gli vengono pagati 50 milioni di yen. Le autorità accettano. lo scambio doveva avvenire su un treno. Un poliziotto con la borsa con i 50 milioni di yen doveva salire sul treno e lasciarla in prossimità di un particolare segnale: una bandiera bianca. Ovviamente come in una trama di un film la polizia cerca di catturare il malvivente che però riesce a sfuggire. Con le riprese effettuate nel negozio di qualche mese prima e la testimonianza del poliziotto si riesce a creare un identikit che viene distribuito in tutta la nazione ma nessuno si fa avanti per identificare la persona. Si rimane ad un punto morto. Nell’ottobre dello stesso anno, il Mostro inviò ai media una lettera indirizzata a “Mamme della Nazione” dove dichiarava di aver avvelenato 20 confezioni di caramelle Morinaga con cianuro di sodio e di averle messe sugli scaffali dei negozi alimentari. La polizia si è sparpagliata in tutto il Paese ed è riuscita a recuperare più di 21 pacchi manomessi contenenti veleno. Interessante notare che nelle confezioni manomesse era sempre presente l’etichetta “Pericolo: contiene tossine”. Evidenziando quindi l’intenzione di non uccidere. Una vittima però ci fu comunque. Spinto dalla mancanza di un arresto e da un’indagine che non portava a nulla, il sovrintendente di polizia a capo della caccia si suicidò. Una volta data notizia del suicidio, il Mostro ha inviato quella che sarebbe stata la sua ultima lettera ai media dicendo: tra le altre cose che avrebbero smesso di bullizzare le aziende alimentare e se qualcuno ricattava altre aziende alimentari, non siamo noi ma qualcuno che ci copia. Siamo cattivi e abbiamo altro da fare oltre al bullismo delle aziende. È divertente condurre la vita di un uomo malvagio. E qui si conclude la storia del mostro dalle 21 facce. Ma proprio quest’ultima lettera potrebbe fornire il collegamento per gli avvelenamenti ti distributori automatici. Le indagini sono comunque ancora ad un punto morto.
Gli omicidi con il Paraquat proseguono in settembre, ottobre e novembre del 1985. Questo ci porta alla nostra ultima vittima: il 17 novembre, una ragazza di 17 anni acquista una bevanda da un distributore automatico, ma ne prende anche un’altra che trova nella fessura di erogazione. Una settimana dopo, muore. Sempre a causa del Paraquat. La scomparsa della sfortunata ragazza segnò la fine dell’ondata di avvelenamenti. Forse preso da un rimorso di coscienza per aver causato la morte di una ragazzina gli avvelenamenti cessano. Non si troverà mai il colpevole.
Oggi un evento del genere potrebbe capitare? No. Oggi abbiamo un ambiente molto più controllato, molte più telecamere e capacità di indagini scientifiche molto più evolute, per esempio all’epoca non c’era ancora l’analisi del DNA. Poi nel tempo le confezioni stesse sono state progettate per evitare manomissioni. Noi stessi siamo molto, molto più diffidenti nei confronti di eventuali alimenti o bevande che dovessimo trovare in giro.
SITOGRAFIA e FONTI
https://en.wikipedia.org/wiki/Paraquat_murders
NYT – JAPANESE PUZZLE: THE VENDING MACHINE MURDERS
https://en.wikipedia.org/wiki/Oronamin_C